PALINSESTO

25 Aprile - Lutto Nazionale

"La Festa della Schiavitù. Un popolo arreso all'invasore, si prostrò dinnanzi alle Plutocrazie Internazionali con la sciagurata Promessa di non Liberasi mai più da quel Giogo Infame"

La Storia che non vi Raccontano - di Matilde Borromeo

Partigiani "Coraggiosi" con una "Pericolosa" Fascista
Arriva un altro 25 Aprile. La giornata più assurda del anno è di nuovo con noi. Un popolo stanco, affamato e schiavo delle Lobby, dei Poteri Forti, delle Plutocrazie Mondiali e del Nuovo Ordine Mondiale si appresta a festeggiare i suoi oppressori. La chiamo giornata della Liberazione. Siamo stati liberati, è vero, liberati da quella Sovranità che con tanto sudore i nostri Padri avevano conquistato, liberati da quel senso di Orgoglio Nazionale che finalmente era vivo in ognuno di noi, liberati dall'Amore per questa Patria, liberati dal Governo dei giusti, dalla Dittatura del Popolo Italiano. Il 25 Aprile è simbolo di quel Tradimento che qualche vigliacco opportunista ha compiuto, un giorno buio, cupo, triste. Mentre tanti giovani valorosi combattevano per difendere la propria Terra, altri, si allearono col nemico. Invece di ricordare il sacrificio dei primi, dei Ragazzi di Salò, oggi si ricorda l'infamia di quegli altri, festeggiamo il momento in cui un intero popolo si è arreso alla spavalderia del Nuovo Ordine Mondiale, idolatriamo chi ha favorito lo sbarco e la salita del esercito Invasore. La nostra grande Italia che era divenuta Impero, in pochi giorni ha visto trionfare il suo lato più deprecabile e disonesto. I voltagabbana, su cui si fonda la nostra Repubblica, per vili interessi personali, oggi come allora, avrebbero venduto la loro stessa Madre pur di conquistarsi un posto al sole. Quell'errore di ieri, purtroppo, è la causa dell'orrore di oggi. Questa nuova Italia, asservita all'Europa e alla Massoneria, in continuo scacco, dinnanzi a Lobby e Poteri Forti, questa Politica truffaldina, opportunista e sempre pronta a tradire è il frutto di quello che qualche stolto ancora festeggia il 25 Aprile. Questa giornata, fortemente voluta dall'occupante Americano, serve come monito. Le generazioni future, devono capire che una presa di coscienza, una riscossa Nazionalista, una rinascita ed un Orgoglio patriottico, non potranno più esistere. Il giogo degli Illuminati non potrà mai essere sciolto, la loro catena infame è legata ai nostri polsi e non potrà mai essere spezzata. Questa è la volontà di chi ha tradito, questo è il sogno di coloro che si fanno chiamare "Liberatori", questo è il disegno che gli Anti-Fascisti di ieri e di oggi portano avanti da ben prima di quel 25 aprile. Hanno infangato la memoria di donne e uomini coraggiosi che hanno fatto grande questa Nazione. Prendono pensioni, tredicesime, usufruiscono di Ferie Pagate, Mutua e Maternità, percorrono strade, ferrovie, ponti, bevono l'acqua di acquedotti e vivono in case costruite da chi oggi insultano e disprezzano. La coerenza non fa parte dell'animo del Traditore, anche perchè molti dei più feroci Anti-Fascisti ieri, erano i più convinti dei Fascisti. Per me, per noi de "La Zanzara del Web" e per molti Italiani per bene, il 25 Aprile è solo la festa di San Marco, non certo una Liberazione, perchè semmai questo è un giorno di Lutto, perchè tanti anni fa, in quella data, cadeva l'ultimo grande governo che veramente era al servizio del popolo Italiano.



VIAGGIO NELLA STORIA

La sentenza del 26 aprile 1954 del Tribunale Supremo Militare Italiano afferma senza mezzi termini che:

«I combattenti delle Forze Armate della Repubblica Sociale Italiana avevano la qualità di belligeranti perché erano comandati da persone responsabili e conosciute, indossavano uniformi e segni distintivi riconoscibili a distanza e portavano apertamente le armi. Gli appartenenti alle formazioni partigiane, viceversa, non avevano la qualità di belligeranti perché non portavano segni distintivi riconoscibili e non portavano apertamente le armi, né erano assoggettati alla legge penale militare»

"Onore ai Martiri della Repubblica Sociale"

Ausiliarie Umiliate dai "Liberatori"
Il 1943 può essere definito come l’anno delle illusioni: si illusero i congiurati del Gran Consiglio del Fascismo di salvare il Regime sacrificando Mussolini; si illusero il Re e Badoglio di tradire l’alleato senza pagare dazio; si illusero i ragazzi di Salò di difendere l’onore d’Italia e finirono col combattere i propri fratelli; si illusero i partigiani di sostituire la dittatura fascista con quella del proletariato, pensando di fare dell’Italia una repubblica sovietica e si ritrovarono, invece, a sostenere la monarchia e l’occupante americano; si illusero infine gli italiani convinti che la guerra fosse finita, quando invece ne stava per iniziare una seconda ben peggiore.
Tutto ebbe inizio il 25 luglio 1943 quando, con una deliberazione del Gran Consiglio del Fascismo, il Regime cessò di esistere. Mussolini, pur potendo rigettare l’ordine del giorno del Ministro Grandi e far arrestare i congiurati, inspiegabilmente accettò il deliberato che lo esautorava di tutti i suoi poteri per essere trasferiti al Re.
Intanto Vittorio Emanuele III con i vertici delle Forze Armate tramava per liquidare Mussolini, come primo atto per poi passare dalla parte vincente, quella degli alleati.
Il responso del Gran Consiglio, contrariamente alle intenzione dei protagonisti (che di fatto si comportarono come utili idioti, per dirla alla Lenin), tornò utile al Re per dare una insperata veste istituzionale a quello che fu a tutti gli effetti un Colpo di Stato.
L’indomani Mussolini, rispettoso delle regole e convinto della correttezza di Vittorio Emanuele III, si presentò al monarca per rassegnare le proprie dimissione da Capo del Governo. Il Re, il cui unico scopo era quella di salvare la corona e se stesso dal tracollo bellico, con un atto inconcepibile dal punto di vista istituzionale, lo fece sequestrare (e non arrestare in quanto ne mancavano i presupposti giuridici).
Tutti i poteri furono affidati ai vertici dell’esercito che instaurarono una dittatura militare con a capo il Maresciallo Badoglio. Del nuovo esecutivo nessun esponente politico ne faceva parte in quanto i partiti rimanevano fuori legge al pari del partito fascista nel frattempo sciolto.
A parte qualche spontanea manifestazione di giubilo, derivante dall'equivoco che con la caduta del regime sarebbe finita la guerra, degli antifascisti e dei partigiani neanche l’ombra, li avremmo visti solo dopo al seguito delle vittoriose truppe alleate.
Il nuovo governo si affrettò a rassicurare l’alleato tedesco circa la fedeltà dell’Italia e il proseguimento della guerra e nel contempo avviò segreti contatti con gli angloamericani per passare armi e bagagli dalla parte del nemico, nella patetica illusione di uscire indenni da una guerra che volgeva al peggio.
L’8 settembre 1943 arrivò l’annuncio di Badoglio che chiamò armistizio quello che in realtà fu tradimento: nel volgere di 24 ore i tedeschi divennero improvvisamente nemici e gli invasori americani alleati.
Questo atto scellerato non mutò le sorti del conflitto, non servì a lenire le sofferenze della popolazione civile che continuò a lungo a morire sotto i bombardamenti terroristici dell’aviazione angloamericana. Servì solo a scatenare l’ira vendicativa di Hitler, in quel momento padrone assoluto del nostro Paese.
Con il rovesciamento del fronte e il passaggio dell’Italia dalla parte degli angloamericani (che faceva presagire una rapida e vittoriosa conclusione del conflitto), si riorganizzarono i vecchi partiti che seppero, soprattutto quello comunista che aveva mantenuto una sua struttura clandestina, cogliere al volo quella insperata opportunità di tornare ad essere protagonisti della politica italiana. La guerra invece continuò per altri 18 mesi e nel conflitto tra eserciti si inserirono i partigiani, alcuni smaniosi di ricostruirsi una verginità politica dopo essersi affermati grazie al regime, altri per attribuirsi delle onorificenze da spendere al tavole della spartizione del potere alla fine del conflitto. E fu guerra civile.
Questi sono i fatti che ognuno può giudicare, ma che dubito si possano contestare.

Gianfredo Ruggiero, presidente Circolo Culturale Excalibur – Varese



25 APRILE 1945 - Le Verità che non si dicono sui Libri di Scuola


"Liberatori" Infieriscono su una Donna Italiana
E’ il giorno in cui le truppe angloamericane e le truppe loro alleate hanno completato l’ invasione di tutto il territorio italiano. E’ quindi il giorno della capitolazione della Repubblica Sociale Italiana, della fine del Fascismo , e il giorno della resa delle truppe tedesche combattenti in Italia.
Rappresenta anche la fine della guerra con la resa al nemico senza condizioni dopo cinque anni di conflitto, cui fa seguito l’assassino del Duce, dei Gerarchi fascisti e il ludibrio carnevalesco di Piazzale Loreto. E’ l’inizio del lungo periodo della sanguinosa, inutile e vile mattanza dei fascisti e dei presunti tali, dell’ accettazione passiva del destino dei nostri connazionali vittime della “pulizia etnica slava”, delle verità taciute per anni dai diversi governi succeduti in Italia, del mantenimento di una costante divisione fra italiani, della ridotta sovranità nazionale.
Il 25 Aprile è la “ Festa Nazionale della Liberazione dell’ Italia”

Ogni anno, con l’approssimarsi del 25 aprile, si susseguono a ritmo incalzante le rievocazioni della guerra di liberazione. E’ un crescendo di manifestazioni, convegni e interventi per celebrare degnamente il sacrificio dei partigiani e di quanti si immolarono per riportare in Italia libertà e democrazia. Le piazze si tingono di rosso e i ricordi della barbarie nazifascista riaffiorano alla mente.
Tutto bene tranne che…
Dei crimini fascisti oramai sappiamo tutto o quasi, ma cosa sappiamo del lato oscuro della resistenza, quello fatto di processi sommari, fucilazioni, fosse comuni e soldati uccisi sui letti di ospedale o prelevati dalle prigioni e freddati con un colpo alla nuca, di violenze e stupri ai danni delle ausiliarie e delle donne fasciste? Poco, molto poco.
E delle motivazioni, non sempre nobili, che hanno portato i partigiani a coprirsi il volto e a imbracciare il fucile cosa ci è fatto sapere? Praticamente nulla.
Conosciamo tutti la triste vicenda dei 7 fratelli Cervi uccisi dai fascisti (è stato perfino tratto un film), ma quanti conoscono l’altrettanto dolorosa storia dei 7 fratelli Govoni, tra cui una donna, assassinati dai partigiani perché uno di essi vestiva la camicia nera?
Si ricordano giustamente le 365 vittime della strage nazista delle Fosse Ardeatine, mentre è stata rimossa dalla storia un’altra orribile strage, quella di Oderzo dove, a guerra finita, 598 tra allievi ufficiali e militi della Guardia Nazionale Repubblicana furono fucilati dai partigiani e gettati nel Piave dopo essersi arresi e aver deposto le armi.
Di vicende come queste la storia, quella vera, ne è piena. Non è mia intenzione fare la macabra contabilità dei morti o stabilire chi maggiormente si macchiò le mani di sangue innocente, ma solo contribuire a sollevare quel velo di omertà che copre le malefatte dei vincitori e questo non per spirito di rivalsa, ma solo per amore di verità, perché solo riconoscendo gli errori del passato possiamo evitare di ripeterli in futuro.
Messi con le spalle al muro i sostenitori della mitologia partigiana, dopo aver negato per sessant’anni i crimini della loro parte, ora ammettono, a bassa voce e con evidente imbarazzo, che “in effetti qualche errore e qualche eccesso effettivamente ci furono….però” e qui incomincia la solita tesi di comodo secondo cui da una parte, quella partigiana, c’era chi combatteva per la libertà, mentre dall'altra parte c’erano i sostenitori della tirannide nazifascista. Quindi, secondo loro, quei crimini sono pienamente giustificati dal nobile fine, esattamente come le Foibe, anch'esse nascoste per sessantanni e poi presentate come reazione alla presunta oppressione fascista.
Se dovesse prevalere questa logica qualunque crimine, anche il più efferato, sarebbe giustificato. Dipenderebbe solo dalla potenza di comunicazione e dalla forza di persuasione di chi detiene il potere.
Per motivi anagrafici non ho conosciuto il Fascismo e anch'io, come la maggior parte degli italiani, sono cresciuto a pane e resistenza avendo appreso la storia in maniera superficiale dai libri di testo, dai programmi televisivi e attraverso la cinematografia imperniata sui soliti luoghi comuni che vede i cattivi da una parte e i buoni dall'altra. Solo che non mi sono accontentato della verità ufficiale – quella scritta dei vincitori – e ho voluto approfondire le mie conoscenze. Il risultato è stato che man mano colmavo i miei vuoti i dubbi aumentavano. Dubbi che a tutt'oggi nessuno è stato in grado di sciogliermi.
Il primo dubbio riguarda la definizione dei partigiani quali ”patrioti e combattenti per la libertà”.
Il movimento partigiano pur essendo variegato e spesso al suo interno profondamente diviso era militarmente e, soprattutto, politicamente egemonizzato dal Partito Comunista Italiano (Pci), all'epoca diretta emanazione della Russia Sovietica da cui prendeva ordine (e denari) tramite Togliatti, stretto collaboratore di Stalin, che infatti viveva in Russia.
Obiettivo dichiarato di questi partigiani era quello di fare dell’Italia, una volta sconfitto il fascismo, uno stato comunista satellite dell’Unione Sovietica e di instaurare la dittatura del proletariato.
Non si capisce quindi su quale base logica e storica i partigiani si possano definire tout Court patrioti e combattenti per la libertà. Se l’Italia è oggi una Repubblica “democratica” (sul concetto di democrazia, altro grande equivoco, torneremo) non è certo per merito dei partigiani, ma in virtù della divisione del mondo in due blocchi contrapposti decretata a Yalta nel ’45, da cui scaturì la nostra collocazione nel campo occidentale e la conseguente dipendenza americana.
Il contributo dei partigiani alla sconfitta tedesca fu, infatti, del tutto marginale se lo rapportiamo all'enorme potenziale bellico messo in campo dagli alleati. Le fila partigiane s’ingrossavano man mano che l’esercito tedesco si ritirava sotto l’incalzare degli angloamericani. Gli stessi americani avevano una scarsa considerazione dei partigiani e li tolleravano solo perché facevano per loro il lavoro sporco come assassinare i gerarchi fascisti e fare attentati dinamitardi per suscitare la rappresaglia tedesca che fu quasi sempre spietata e spropositata. 
Il 25 aprile del ‘45 Mussolini era a Milano e solo dopo la sua partenza per trovare la morte a Dongo il capoluogo lombardo fu “liberato” dai partigiani che si abbandonarono ad una vera e propria orgia di sangue contro i fascisti o presunti tali, compresi i loro familiari. Come testimoniano le lapidi al Campo 10 del Cimitero Maggiore di Milano che raccoglie le spoglie dei fascisti (di quelle che si riuscì a recuperare, oltre un migliaio) molti dei quali barbaramente assassinati o fucilati ben oltre il 25 aprile e dopo che ebbero deposto le armi (il canale Villoresi era rosso del sangue delle vittime, mi disse un vecchio fascista scampato alla mattanza).
Lo stesso discorso riguarda la Russia di Stalin la quale contribuì in maniera determinante alla sconfitta della Germania nazista, pagando per questo un pesante tributo di sangue, ma al solo scopo di estendere il suo dominio su tutto l’est europeo e non certo per portare in quelle sciagurate terre democrazia e libertà.
Non dimentichiamoci poi che l’Unione Sovietica fu alleata della Germania nazista fino al 1941 con la quale si spartì la Polonia due anni prima.Particolare importante che la storiografia ufficiale nasconde - perché farebbe smontare in un sol colpo la tesi di comodo della “lotta della democrazia contro la tirannide” – riguarda la dichiarazione di guerra di Francia e Inghilterra all'indomani dell’invasione tedesca della Polonia: fu dichiarata alla Germania, ma non alla Russia pur avendo anch'essa attaccato la Polonia alcuni giorni dopo da est. Perché? Evidentemente la Polonia fu solo un pretesto per muovere guerra alla Germania, mentre Stalin, che dopo la Polonia si apprestava ad invadere la Finlandia e ad annettersi le deboli Repubbliche Baltiche con l’assenso occidentale, era considerato già da allora un prezioso alleato, ben sapendo che questi era uno spietato dittatore, che con le sue “purghe” aveva massacrato, deportato nella gelida Siberia e ridotto alla fame milioni di russi, molti dei quali ebrei, definiti “nemici della rivoluzione” (ma questo evidentemente alle democrazie occidentali, America in testa, poco importava).
Il secondo dubbio riguarda la definizione di “guerra di liberazione”, quando invece fu una classica e tragica guerra civile. I fascisti non venivano da Marte, erano italiani come italiani erano i partigiani. In quei lunghissimi 18 mesi la guerra non risparmiò nessuno, attraversò le famiglie e divise i fratelli. La guerra è una realtà tragica e quella civile lo è ancor di più, in queste circostanze gli uomini tendono a perdere la loro dimensione umana per accostarsi a quella bestiale, per cui o stendiamo un pietoso velo e consideriamo tutti i morti uguali e rispettiamo gli ideali che animarono le loro azioni giusti o sbagliati che possano apparire, oppure la storia la raccontiamo tutta e per intero, senza reticenze e convenienze politiche.
Altro grande equivoco riguarda la presunta invasione nazista dell’Italia: i tedeschi non invasero l’Italia, c’erano già. Dopo la caduta di Mussolini, avvenuta il 25 luglio 1943, il governo Badoglio chiese aiuto all'alleato tedesco per contrastare gli anglo americani che nel frattempo erano sbarcati in Sicilia.
I soldati italiani e tedeschi si ritrovarono, quindi, a combattere spalla a spalla contro l’invasore americano fino l' 8 settembre ’43, quando il Re e Badoglio, con estrema disinvoltura e lasciando allo sbando il nostro esercito, passarono armi e bagagli dalla parte del nemico, scatenando l’ira di Hitler.
Solo la nascita della Repubblica Sociale Italiana e la ricostituzione di un esercito lealista cui aderirono, secondo uno studio di Silvio Bertoldi e confermati dai libri matricola, in seicentomila (quanti fossero i partigiani è invece ancora oggi un mistero), frenò i propositi di Hitler che aveva previsto il totale smantellamento e trasferimento in Germania del nostro apparato industriale, la deportazione nei campi di lavoro e nelle fabbriche tedesche di tutti gli uomini che si fossero rifiutati di arruolarsi nella Wehrmacht e chissà cos'altro.
Le motivazione che spinsero tanti giovani ad entrare nel neo costituito Esercito Fascista Repubblicano furono diverse e non sempre nobili (come spesso accade in questi casi): il rischio di fucilazione per i renitenti alla leva, l’intento di molti militari deportati nei campi di concentramento in Germania di tornare in Italia per poi disertare, la paga e la voglia di protagonismo. Vi aderirono anche fior di criminali, ma la stragrande maggioranza di essi lo fece per riscattare l’onore perduto e per sottrarre l’Italia alla vendetta hitleriana.
Questi giovani, uomini e donne, potevano al pari di molti loro coetanei, aspettare in qualche luogo sicuro che la tempesta passasse, oppure andare con i partigiani le cui fila s’ingrossavano man mano che i tedeschi si ritiravano e la vittoria alleata si approssimava. Potevano, ma non lo fecero.Preferirono continuare a combattere, in divisa e a volto scoperto, per quel senso dell’onore che oggi, in epoca di consumismo e individualismo, si fatica a comprendere, consapevoli che le sorti del conflitto erano segnate e che difficilmente ne sarebbero usciti indenni.
Furono migliaia e migliaia in tutta Italia i soldati fascisti fucilati dopo la loro resa o condannati a morte dopo processi sommari, come ampiamente documentato nei libri di Gianpaolo Pansa, di Giorgio Pisanò e di Lodovico Ellena (solo per citarne alcuni).
Un capitolo a parte lo meritano le ausiliarie. Il primo reparto al mondo di donne combattenti, addestrate senza nessuna differenza con i loro commilitoni maschi. Il loro tributo di sangue fu altissimo, catturate dai partigiani venivano spesso stuprate e uccise. A guerra finita molte di loro, rapate a zero, furono costrette a passare su carri bestiame tra ali di folla inferocita, sottoposte a insulti e angherie di ogni genere.
Il terzo dubbio riguarda la modalità di lotta dei partigiani. Mentre i fascisti come abbiamo visto combattevano in divisa e a volto scoperto, inquadrati nelle divisioni dell’esercito della Repubblica Sociale Italiana o nelle varie milizie volontarie i partigiani, invece, pur potendo anch'essi vestire una divisa – essendo armati e finanziati dagli americani- e pur potendo combattere nell'esercito italiano di Badoglio secondo le regole di guerra, preferirono il passamontagna, i soprannomi e la tecnica del mordi e fuggi a base di attentati, sabotaggi e omicidi alle spalle. Tecnica sicuramente meno rischiosa per loro, ma devastante negli effetti. Il fine era infatti quello di scatenare la rappresaglia tedesca e creare i presupposti per quella guerra civile, poi eufemisticamente definita di “liberazione”, le cui ferite ancora oggi stentano a rimarginarsi.
Non si capisce infine l’ostinazione dei partigiani con la quale insistono nel definirsi militari nonostante una sentenza del Tribunale Supremo Militare abbia negato loro tale status, attribuendolo invece ai combattenti fascisti della Repubblica Sociale Italiana.
Sono questi i dubbi su cui mi piacerebbe si sviluppasse un sereno dibattito, scevro da pregiudizi ideologici e senza reticenze, finalizzato a capire la storia e non solo a celebrarla, come purtroppo avviene da oltre sessantanni.

Gianfredo Ruggero

Documenti tratti dal Blog Il Massacro dei Vinti 

Commenti

Paolo Sacconi ha detto…
"Partigiani" una vergogna Italiana!!